La sospensione dei beta-bloccanti selettivi è associata a rischio di infarto miocardico

E’ stato mostrato che l’improvvisa interruzione del trattamento con beta-bloccanti, ( detti anche antagonisti del beta-adrenocettore ), aumenta il rischio di infarto miocardico nei pazienti con ipertensione. Poiché i beta-bloccanti differiscono tra loro per la farmacocinetica e la farmacodinamica, il rischio di interruzione dell’assunzione potrebbe anche essere diverso tra i vari beta-bloccanti.

Ricercatori del Erasmus Medical Center a Rotterdam in Olanda, hanno esaminato se l’interruzione dei beta-bloccanti fosse associata ad un aumentato rischio di infarto miocardico nei pazienti anziani, e se gli effetti dell’improvvisa interruzione differissero tra un beta-bloccante e l’altro.
I beta-bloccanti sono stati distinti sulla base della loro specificità, lipofilia ed attività simpaticomimetica intrinseca ( ISA ).

Lo studio ha riguardato una coorte di utilizzatori di beta-bloccanti nel Rotterdam Study, uno studio prospettico di popolazione, che aveva arruolato 7.983 soggetti di età uguale a 55 anni o maggiore.

Sono stati individuati 5.288 soggetti che erano stati trattati con beta-bloccanti per almeno 30 giorni nel corso dello studio. Di questi 148 sono andati incontro ad infarto miocardico.

La discontinuazione dei beta-bloccanti non è risultata associata ad un aumentato rischio di infarto miocardico, rispetto all’uso corrente dei beta-bloccanti.

L’analisi all’interno dei sottogruppi ha mostrato un aumento del rischio di infarto miocardico dopo l’interruzione dei beta-bloccanti selettivi entro i primi 30 giorni ( rischio relativo, RR=2.70 ) ed anche tra 30 e 180 giorni dopo l’interruzione ( RR=2.44 ).

Nessun aumento del rischio è stato dimostrato in altri sottogruppi di beta-bloccanti.

Dallo studio è emerso che la sospensione dei beta-bloccanti non ha prodotto un aumento del rischio di infarto miocardico. Tuttavia l’interruzione dei beta-bloccanti selettivi è risultata associata ad un aumentato rischio dell’infarto miocardico durante i primi 180 giorni dopo la sospensione. ( Xagena2007 )

Teichert M et al, Drug Saf 2007; 30: 541-549

Cardio2007 Farma2007


Indietro

Altri articoli

È noto che l’emicrania e l’ipertensione indotta dalla gravidanza ( PIH ) aumentino il rischio cardiovascolare. Tuttavia, l’evidenza è limitata...


I pazienti di età pari o inferiore a 50 anni che hanno sofferto di un infarto miocardico e hanno malattie...


E' stato studiato l'Acido Linoleico dietetico e le concentrazioni plasmatiche in relazione al rischio di diabete di tipo 2 nei...


I risultati di studi storici suggeriscono che un colesterolo LDL elevato non è associato a un aumento del rischio di...


Gli studi attuali che hanno valutato il rischio di ictus, infarto del miocardio e decesso nei pazienti sottoposti a terapia...


Sebbene l'infarto miocardico silente rappresenti circa la metà del numero totale di infarti miocardici, il rischio di insufficienza cardiaca tra...


L’aumento del rischio di demenza dopo infarto miocardico può essere mediato da fattori di rischio condivisi ( ad esempio, aterosclerosi...


Uno studio ha dimostrato che i pazienti con malattia infiammatoria intestinale sono a maggior rischio di infarto miocardico. L'infiammazione cronica è...


L’attività di malattia dell' artrite reumatoide e l'infiammazione sistemica associata sono state collegate a gravi infezioni, infarto del miocardio ed...


L'infarto miocardico silente è associato a un aumentato rischio a lungo termine di insufficienza cardiaca. Sebbene l'infarto miocardico silente rappresenti circa...